Casa Balla e la Ricostruzione Futurista dell’universo
Abstract:
In questo articolo si esamina il contributo del pittore Giacomo Balla
all’architettura futurista inserendolo nel contesto dei principi, enunciati nei
manifesti a cui partecipo’, di ricostruzione futurista dell’universo. Parte di
queste idee trovano espressione nella realizzazione degli arredi e degli
oggetti di casa Balla, a cui parteciparano anche le figlie dell’artista Luce a
Elica.
Scrive
Gino Severini che “il futurismo era un’idea generale, o meglio un’attitudine intellettuale,
ma non dava alcun mezzo per esprimersi”.[1] Ma proprio per questo aspetto
i futuristi prima e più di altri protagonisti dell’avanguardia europea
intuiscono la possibilità, dopo il superamento dei precedenti linguaggi,
di una nuova sintesi delle arti. Come afferma Banham nel 1959:
Se guardiamo indietro, alle soglie dell’era spaziale, vediamo il
“Manifesto Futurista” come la più lontana pietra miliare nella nebbia
della storia, il primo punto dove possiamo riconoscere una immagine degli
atteggiamenti della nostra epoca meccanizzata.[2]
Il futurismo, pur se non sufficientemente
riconosciuto, fu uno dei gruppi più battaglieri delle avanguardie
artistiche del ‘900 contribuendo in modo sostanziale alla rottura degli schemi
cosiddetti “passatisti” nella pittura e nella scultura. Nell’architettura la
forte enunciazione di Sant’Elia fu seguita solo dai suoi disegni di edifici
industriali e di centrali idroelettriche. Purtroppo la sua morte prematura, nel
corso della prima guerra mondiale, impedì lo sviluppo di questi progetti
e della ricerca architettonica futurista.
Leggiamo nel Manifesto
dell’Architettura
Il problema dell’architettura moderna non è un problema di
rimaneggiamento lineare. Non si tratta di trovare nuove sagome, nuove
marginature di finestre e di porte ,di sostituire le colonne, i pilastri, le
mensole con le cariatidi, con mosconi, con rane; non si tratta di lasciare la
facciata a mattone nudo o di intonacarla o di rivestirla di pietra; non si
tratta in una parola, di determinare differenze formali tra l’edificio nuovo e
quello vecchio, ma di creare di sana pianta la casa nuova... Determinando nuove
forme, nuove linee, una nuova ragion d’essre solo nelle condizioni speciali
della vita moderna… Questa architettura non può essere naturalmente
soggetta a nessuna legge di continuità storica… L’architettura si stacca
dalla tradizione; si ricomincia da capo per forza.[3]
Analizzando la storia dell’architettura dal
In alcuni periodi
della storia dell’arte furono i pittori i primi artisti a percorre strade
innovative e rivoluzionarie, seguiti poi dagli architetti. A volte, come nel
Rinascimento, erano gli stessi artisti che svolgevano le prime ricerche nel
campo della rappresentazione pittorica o scultorea e poi le applicavano
all’architettura. Quando questo percorso giunge al suo compimento troviamo che
sono di nuovo i pittori, alla fine dell’ottocento a superare il tema della
rappresentazione della natura ed aprire nuovi scenari e nuovi campi di ricerca
per l’arte della rappresentazione, non più come riproduzione o studio
della natura, ma invenzione di nuove forme. Da loro, prima come singoli, poi
come gruppi, nascono i movimenti dell’avanguardia europea: Cubismo,
Astrattismo, Futurismo, Der Blaue Reiter, Die Brucke.
I cubisti liberarono
l’oggetto dalla rappresentazione imitativa. Il Cubismo fu l’ultimo e il
più avanzato dei prodotti dell’Avanguardia, ma il Futurismo
contribuì in modo fondamentale ad aprire i nuovi scenari figurativi, ad
anticipare temi che solo molti anni dopo saranno ripresi e sviluppati.
Dopo la pubblicazione
del Manifesto del Futurismo nel 1909 abbiamo i due manifesti per
Noi futuristi, Balla e Depero, vogliamo realizzare questa fusione
totale per ricostruire l’universo rallegrandolo, cioè ricreandolo
integralmente... Le mani dell’artista passatista soffrivano per l’Oggetto
perduto; le nostre mani spasimavano per l’Oggetto nuovo da creare… fili
metallici… vetri colorati,carte veline, celluloidi… coloratissimi, tessuti,
specchi, stagnole colorate, e tutte le sostanze sgargiantissime… La casa era
una centrale futurmotorscuola.[4]
Figura N 1
Un angolo di casa Balla
Giacomo Balla,
dopo aver abbandonato clamorosamente quanto aveva realizzato sino a quel
momento, si lancia nella nuova avventura figurativa ed affronta con
inesauribile invenzione TUTTO.
Si doveva
rifare tutto, dall’abbigliamento all’arredamento, dalle case private ai locali
pubblici. Abiti , cappelli , cravatte, borse, scarpe, sciarpe, tovaglie,
cuscini, tende, lumi, paralumi, paraventi, mobili, ceramiche, strumenti
musicali, pubblicità. Progettare e Costruire.[5]
Questo per
sommi capi il ritratto di Giacomo Balla. Indossa un vestito da lui ideato, dal
taglio semplice ed elegantissimo. Porta un paio di scarpe di sua creazione.
Quest’uomo, meravigliosamente enciclopedico, sa dipingere un quadro e disegnare
il modello di un vestito; creare un cappello per signora e fabbricare un
mobile; costruire uno strumento musicale e metter su un teatrino per bambini.
Sa far tutto.[6]
Figura N 2
Panchetto di Giacomo Balla
L’applicazione
di questo processo di invenzione di una nuova realtà è stata
sperimentata da Giacomo Balla nella sua prima casa romana, quella in via
Porpora dove aveva abitato dal 1904 e che purtroppo fu distrutta nel
Figura N 3
Soffitto e armadio, con decorazione su progetto di Giacomo Balla,
esecuzione di Luce ed Elica Balla
Sempre qui
maturò l’idea di dover superare “l’arte passatista” e si lanciò
con entusiasmo nell’applicazione dei principi del Futurismo, realizzò
mobili come la stanza delle bambine ed altri arredi in parte andati dispersi.
Questa casa divenne il cenacolo degli artisti futuristi e grande fu il danno
quando fu demolita per fare spazio all’espansione della Roma borghese nel quartiere
dei Parioli.
Figura N 4
Studio per una camera di bambini
Dopo un intervallo di tre anni durante i quali fu ospite a Villa Ambron in
via Aldrovandi, Balla ottiene, inizialmente in affitto, una nuova abitazione in
via Oslavia, la casa dove vivrà fino alla morte nel 1958. La ricerca non si era interrotta e in questo nuovo
spazio l’artista costruisce di nuovo l’Universo Futurista interpretandone lo
spazio, recupera mobili già creati,inventa nuovi arredi, lampade,
oggetti, mobili, decorazioni, in collaborazione con le figlie Luce ed Elica.
Figura N 5
Un angolo di casa Balla, armadio, panchetta, portabastoni, arazzo
Così le iniziative d’avanguardia cominciano sempre rivendicando
la propria libertà e originalità rispetto ad ogni precedente, e
sono di fatto promosse da persone isolate o da piccoli gruppi che possono agire
conservando la loro indipendenza dal resto della società, mentre
enunciano programmi generali, valevoli per tutti… Le avanguardie si propongono
di aprire a tutti un’esperienza gelosamente individuale, di parlare a tutti
senza ascoltar nessuno.[7]
Giacomo Balla ideava, progettava ed i tre
insieme decoravano pareti, creavano arazzi, fabbricavano paralumi, cornici,
fiori, ceramiche, realizzavano i vestiti futuristi, rendevano reale la casa
futurmotorscuola. Operavano recuperando legni
abbandonati, piccole pezze di stoffe dai diversi colori per realizzare gli
arazzi, pergamene colorate per i paralumi destinati alle feste della bella
società romana ( ne sono rimasti pochi, gli altri son finiti bruciati o
persi per lo scarso valore che veniva loro attribuito). Nella casa ancora oggi
si vedono gli strumenti di lavoro di Balla e delle figlie, in particolare Luce
la maggiore, e attrezzi con il nome di Giacomo o di Luce inciso o colorato.
Figura N 6
Arazzo eseguito da Luce Balla su disegno di Giacomo Balla
La casa era
il laboratorio di sperimentazione e poi mostra di quanto i tre realizzavano a
dimostrazione dei principi enunciati nel manifesto della Ricostruzione
Futurista. Gli oggetti, gli arredi
si integravano con le tele portate dall’altra casa e con le nuove che Balla
continuava a realizzare, con i lavori delle figlie che, oltre a collaborare con
il padre, sviluppavano una loro autonoma ricerca figurativa.
Trovava così
applicazione il Manifesto
1)
Data l’esistenza della fotografia e della
cinematografia, la riproduzione pittorica
…
4)
La pittura futurista italiana, essendo e dovendo
essere sempre più una esplosione di colore non può che essere
giocondissima, audace, aerea, elettricamente lavata di bucato, dinamica,
violenta, interventista.[8]
Il disegno era progettazione di elementi
che potevano essere realizzati da altri, non era solo l’artista il creatore di
nuove forme
Figura N 7
Portauovo di legno fatto da Giacomo Balla
Questo non fu lo sviluppo del Design negli anni del primo dopoguerra, in
Italia la sua ricerca fu oscurata e nel nord-Europa si sviluppò la
ricerca razionalista. Solo negli anni
’80
Figura N 8
Il corridoio di casa Balla
Ogni oggetto, ogni tema poteva essere realizzato o sviluppato sia
dall’artista che anche e soprattutto da chi avesse volontà, interesse e fiducia
nella validità di questo progetto. Casa
Balla è stata, grazie al lavoro di Giacomo, Luce ed Elica Balla, la
realizzazione
Oggi purtroppo rimangono
solo parti di quel complesso eccezionale. Dopo la morte delle due figlie Elica
e Luce molti quadri, i più importanti sono stati donati allo Stato
Italiano e sono attualmente alla Galleria di Arte Moderna di Roma, al Museo
degli Uffizi di Firenze e alla Galleria Civica d’Arte Moderna e Contemporanea
di Torino. Rimangono alcuni quadri, ed oltre ad oggetti di arredo, le
decorazioni sui soffitti, parte dei mobili e importantissimo “lo studiolo
rosso”.
Figura N 9
Lo studiolo rosso
Rimane la
testimonianza, anche se parziale, del grande lavoro di questo genio non
sufficientemente riconosciuto. che però direttamente o indirettamente ha
segnato nel tempo lo sviluppo figurativo della nostra società indicando
con notevole anticipo alcune direzioni di ricerca, riprese soltanto dopo molti
anni.
Arch.
Sergio Bianconcini
Tutte le fotografie sono state tratte dal volume” Casa
Balla e il Futurismo a Roma” e furono realizzate da Eddie Gabbai.
[1] Riportato da Maurizio Calvesi, Le due avanguardie:
dal Futurismo alla Pop Art, Bari: Laterza, 1984, p. 113.
[2] Reyner Banham, “Futurist Manifesto”, in Architectural
Review, vol. 751 (1959), pp. 77-80.
[3] Citato da Marco Bussagli, Capire
l’architettura, Firenze: Giunti,
2003, p. 338.
[4] Citato da Sabrina
Carollo, I futuristi: la storia, gli artisti, le opere, Firenze: Giunti,
2004, p. 36.
[5] Elena
[6] Enrico Santamaria, “Conversando con Giacomo
Balla”, Griffa, vol. 10 (1920).
[7]Leonardo
Benevolo, Storia dell’architettura moderna,
[8] Citato da Jolanda Nigro Covre, Astrattismo:
temi e forme dell’astrazione nelle avanguardie europee, Milano: Motta,
2002, p. 224.
Sergio Bianconcini architetto, laureato nel 1969 a Roma Università La Sapienza con relatore Prof. arch. Bruno Zevi. Ha svolto attività nel campo della progettazione dell’edilizia residenziale , del design , del recupero chiese medioevali e di una sinagoga del 1700. Ha partecipato a concorsi di progettazione internazionali,risultando primo ex-aequo per la moschea di Roma, secondo per il municipio di Legnago e selezionato nei dieci della prima fase per la biblioteca di Edimburgo. Ha collaborato con il prof arch. Paolo Portoghesi alla progettazione della città ideale DIKAIA.