Casa Balla e la Ricostruzione Futurista dell’universo

Sergio Bianconcini

In questo articolo si esamina il contributo del pittore Giacomo Balla all’architettura futurista inserendolo nel contesto dei principi, enunciati nei manifesti a cui partecipo’, di ricostruzione futurista dell’universo. Parte di queste idee trovano espressione nella realizzazione degli arredi e degli oggetti di casa Balla, a cui parteciparano anche le figlie dell’artista Luce a Elica.

Scrive Gino Severini che “il futurismo era un’idea generale, o meglio un’attitudine intellettuale, ma non dava alcun mezzo per esprimersi”.1 Ma proprio per questo aspetto i futuristi prima e più di altri protagonisti dell’avanguardia europea intuiscono la possibilità, dopo il superamento dei precedenti linguaggi, di una nuova sintesi delle arti. Come afferma Banham nel 1959:

Se guardiamo indietro, alle soglie dell’era spaziale, vediamo il “Manifesto Futurista” come la più lontana pietra miliare nella nebbia della storia, il primo punto dove possiamo riconoscere una immagine degli atteggiamenti della nostra epoca meccanizzata.2

Il futurismo, pur se non sufficientemente riconosciuto, fu uno dei gruppi più battaglieri delle avanguardie artistiche del ‘900 contribuendo in modo sostanziale alla rottura degli schemi cosiddetti “passatisti” nella pittura e nella scultura. Nell’architettura la forte enunciazione di Sant’Elia fu seguita solo dai suoi disegni di edifici industriali e di centrali idroelettriche. Purtroppo la sua morte prematura, nel corso della prima guerra mondiale, impedì lo sviluppo di questi progetti e della ricerca architettonica futurista.

Leggiamo nel Manifesto dell’Architettura del 1914 :

Il problema dell’architettura moderna non è un problema di rimaneggiamento lineare. Non si tratta di trovare nuove sagome, nuove marginature di finestre e di porte ,di sostituire le colonne, i pilastri, le mensole con le cariatidi, con mosconi, con rane; non si tratta di lasciare la facciata a mattone nudo o di intonacarla o di rivestirla di pietra; non si tratta in una parola, di determinare differenze formali tra l’edificio nuovo e quello vecchio, ma di creare di sana pianta la casa nuova... Determinando nuove forme, nuove linee, una nuova ragion d’essre solo nelle condizioni speciali della vita moderna… Questa architettura non può essere naturalmente soggetta a nessuna legge di continuità storica… L’architettura si stacca dalla tradizione; si ricomincia da capo per forza.3

Analizzando la storia dell’architettura dal 1920 in poi vediamo chiaramente che la strada percorsa, pur se estremamente innovativa e a tratti rivoluzionaria non fu quella che era immaginabile leggendo le frasi di questo testo e vedendo quanto avevano creato in campi diversi Balla e Boccioni. Si dovrà attendere la fine degli anni ’80 del secolo scorso per vedere le prime architetture che siano riferibili a quanto il Futurismo aveva realizzato in pittura e scultura. Penso ad alcune opere dell’arch. Frank Gehry ed alcune parti degli ultimi progetti dell’architetto Zaha Hadid.

In alcuni periodi della storia dell’arte furono i pittori i primi artisti a percorre strade innovative e rivoluzionarie, seguiti poi dagli architetti. A volte, come nel Rinascimento, erano gli stessi artisti che svolgevano le prime ricerche nel campo della rappresentazione pittorica o scultorea e poi le applicavano all’architettura. Quando questo percorso giunge al suo compimento troviamo che sono di nuovo i pittori, alla fine dell’ottocento a superare il tema della rappresentazione della natura ed aprire nuovi scenari e nuovi campi di ricerca per l’arte della rappresentazione, non più come riproduzione o studio della natura, ma invenzione di nuove forme. Da loro, prima come singoli, poi come gruppi, nascono i movimenti dell’avanguardia europea: Cubismo, Astrattismo, Futurismo, Der Blaue Reiter, Die Brucke.

I cubisti liberarono l’oggetto dalla rappresentazione imitativa. Il Cubismo fu l’ultimo e il più avanzato dei prodotti dell’Avanguardia, ma il Futurismo contribuì in modo fondamentale ad aprire i nuovi scenari figurativi, ad anticipare temi che solo molti anni dopo saranno ripresi e sviluppati.

Dopo la pubblicazione del Manifesto del Futurismo nel 1909 abbiamo i due manifesti per la Pittura e nel 1912 quello redatto da Boccioni per la Scultura ed infine, come già detto, nel ’14 quello di Sant’Elia per l’Architettura. La ricerca prosegue e ambiziosamente vuole ridisegnare ogni spazio, ogni oggetto della vita quotidiana, e così abbiamo nel marzo 1915 la Ricostruzione Futuristadell’universo:

Noi futuristi, Balla e Depero, vogliamo realizzare questa fusione totale per ricostruire l’universo rallegrandolo, cioè ricreandolo integralmente... Le mani dell’artista passatista soffrivano per l’Oggetto perduto; le nostre mani spasimavano per l’Oggetto nuovo da creare… fili metallici… vetri colorati,carte veline, celluloidi… coloratissimi, tessuti, specchi, stagnole colorate, e tutte le sostanze sgargiantissime… La casa era una centrale futurmotorscuola.4

Figura N 1. Un angolo di casa Balla

Giacomo Balla, dopo aver abbandonato clamorosamente quanto aveva realizzato sino a quel momento, si lancia nella nuova avventura figurativa ed affronta con inesauribile invenzione TUTTO.

Si doveva rifare tutto, dall’abbigliamento all’arredamento, dalle case private ai locali pubblici. Abiti , cappelli , cravatte, borse, scarpe, sciarpe, tovaglie, cuscini, tende, lumi, paralumi, paraventi, mobili, ceramiche, strumenti musicali, pubblicità. Progettare e Costruire.5

Questo per sommi capi il ritratto di Giacomo Balla. Indossa un vestito da lui ideato, dal taglio semplice ed elegantissimo. Porta un paio di scarpe di sua creazione. Quest’uomo, meravigliosamente enciclopedico, sa dipingere un quadro e disegnare il modello di un vestito; creare un cappello per signora e fabbricare un mobile; costruire uno strumento musicale e metter su un teatrino per bambini. Sa far tutto.6

Figura N 2. Panchetto di Giacomo Balla

L’applicazione di questo processo di invenzione di una nuova realtà è stata sperimentata da Giacomo Balla nella sua prima casa romana, quella in via Porpora dove aveva abitato dal 1904 e che purtroppo fu distrutta nel 1926. Inquesta casa, posta ai bordi della Villa Borghese, Balla portò a completamento le sue ricerche figurative che lo avevano reso famoso ai primi del ‘900.

Figura N 3. Soffitto e armadio, con decorazione su progetto di Giacomo Balla, esecuzione di Luce ed Elica Balla

Sempre qui maturò l’idea di dover superare “l’arte passatista” e si lanciò con entusiasmo nell’applicazione dei principi del Futurismo, realizzò mobili come la stanza delle bambine ed altri arredi in parte andati dispersi. Questa casa divenne il cenacolo degli artisti futuristi e grande fu il danno quando fu demolita per fare spazio all’espansione della Roma borghese nel quartiere dei Parioli.

 

Figura N 4. Studio per una camera di bambini

Dopo un intervallo di tre anni durante i quali fu ospite a Villa Ambron in via Aldrovandi, Balla ottiene, inizialmente in affitto, una nuova abitazione in via Oslavia, la casa dove vivrà fino alla morte nel 1958. La ricerca non si era interrotta e in questo nuovo spazio l’artista costruisce di nuovo l’Universo Futurista interpretandone lo spazio, recupera mobili già creati,inventa nuovi arredi, lampade, oggetti, mobili, decorazioni, in collaborazione con le figlie Luce ed Elica.

Figura N 5. Un angolo di casa Balla, armadio, panchetta, portabastoni, arazzo

Così le iniziative d’avanguardia cominciano sempre rivendicando la propria libertà e originalità rispetto ad ogni precedente, e sono di fatto promosse da persone isolate o da piccoli gruppi che possono agire conservando la loro indipendenza dal resto della società, mentre enunciano programmi generali, valevoli per tutti… Le avanguardie si propongono di aprire a tutti un’esperienza gelosamente individuale, di parlare a tutti senza ascoltar nessuno.7

Giacomo Balla ideava, progettava ed i tre insieme decoravano pareti, creavano arazzi, fabbricavano paralumi, cornici, fiori, ceramiche, realizzavano i vestiti futuristi, rendevano reale la casa futurmotorscuolaOperavano recuperando legni abbandonati, piccole pezze di stoffe dai diversi colori per realizzare gli arazzi, pergamene colorate per i paralumi destinati alle feste della bella società romana ( ne sono rimasti pochi, gli altri son finiti bruciati o persi per lo scarso valore che veniva loro attribuito). Nella casa ancora oggi si vedono gli strumenti di lavoro di Balla e delle figlie, in particolare Luce la maggiore, e attrezzi con il nome di Giacomo o di Luce inciso o colorato.

Figura N 6. Arazzo eseguito da Luce Balla su disegno di Giacomo Balla

La casa era il laboratorio di sperimentazione e poi mostra di quanto i tre realizzavano a dimostrazione dei principi enunciati nel manifesto della Ricostruzione Futurista. Gli oggetti, gli arredi si integravano con le tele portate dall’altra casa e con le nuove che Balla continuava a realizzare, con i lavori delle figlie che, oltre a collaborare con il padre, sviluppavano una loro autonoma ricerca figurativa.

Trovava così applicazione il Manifesto del colore del 1918 :

1)     Data l’esistenza della fotografia e della cinematografia, la riproduzione pittorica del vero non interessa né può interessare più a nessuno.

4)     La pittura futurista italiana, essendo e dovendo essere sempre più una esplosione di colore non può che essere giocondissima, audace, aerea, elettricamente lavata di bucato, dinamica, violenta, interventista.8

Il disegno era progettazione di elementi che potevano essere realizzati da altri, non era solo l’artista il creatore di nuove forme del “nuovo universo futurista”. Balla, mentre costruisce e sviluppa un linguaggio personale sia nell’ambito suo specifico della pittura che in quello dell’arredamento, della decorazione di interni e dell’abbigliamento, delle scarpe, delle borse, arazzi, cerca di dimostrarne la validità generale come strada da percorre per giungere ad una nuova sintesi formale. Disarticola ogni tema che è oggetto del suo studio, lo scompone trovando a volte, più che la soluzione, la segnalazione dell’inizio di un nuovo percorso di progettazione.

Figura N 7. Portauovo di legno fatto da Giacomo Balla

Questo non fu lo sviluppo del Design negli anni del primo dopoguerra, in Italia la sua ricerca fu oscurata e nel nord-Europa si sviluppò la ricerca razionalista. Solo negli anni ’80 del ‘900 architetti e artisti come Sotssass con il gruppo Memphis ripresero forse quelle tracce geniali. Nella casa di via Oslavia, non potendo modificare le partizioni murarie, Balla le frazionò quasi ad annullarle con colori che dividevano le superfici, e che non offrivano rimandi prospettici: a volte i dettagli erano irridenti, la ricerca tendeva sempre prima ad annullare la tradizione, poi ad inventare il nuovo. Non era soltanto lui a realizzare quanto progettava, ma l’aiuto non era solo funzionale ma era stato scelto anche come premessa teorica.

Figura N 8. l corridoio di casa Balla

Ogni oggetto, ogni tema poteva essere realizzato o sviluppato sia dall’artista che anche e soprattutto da chi avesse volontà, interesse e fiducia nella validità di questo progetto. Casa Balla è stata, grazie al lavoro di Giacomo, Luce ed Elica Balla, la realizzazione del progetto di “Ricostruzione Futurista dell’Universo”. E’ stata la testimonianza concreta di quelle idee.

Oggi purtroppo rimangono solo parti di quel complesso eccezionale. Dopo la morte delle due figlie Elica e Luce molti quadri, i più importanti sono stati donati allo Stato Italiano e sono attualmente alla Galleria di Arte Moderna di Roma, al Museo degli Uffizi di Firenze e alla Galleria Civica d’Arte Moderna e Contemporanea di Torino. Rimangono alcuni quadri, ed oltre ad oggetti di arredo, le decorazioni sui soffitti, parte dei mobili e importantissimo “lo studiolo rosso”.

Figura N 9. Lo studiolo rosso

Rimane la testimonianza, anche se parziale, del grande lavoro di questo genio non sufficientemente riconosciuto. che però direttamente o indirettamente ha segnato nel tempo lo sviluppo figurativo della nostra società indicando con notevole anticipo alcune direzioni di ricerca, riprese soltanto dopo molti anni.

 

 Arch. Sergio Bianconcini

Tutte le fotografie sono state tratte dal volume” Casa Balla e il Futurismo a Roma” e furono realizzate da Eddie Gabbai.

  • 1. Riportato da Maurizio Calvesi, Le due avanguardie: dal Futurismo alla Pop Art, Bari: Laterza, 1984, p. 113.
  • 2. Reyner Banham, “Futurist Manifesto”, in Architectural Review, vol. 751 (1959), pp. 77-80.
  • 3. Citato da Marco Bussagli, Capire l’architettura,  Firenze: Giunti, 2003, p. 338.
  • 4. Citato da Sabrina Carollo, I futuristi: la storia, gli artisti, le opere, Firenze: Giunti, 2004, p. 36.
  • 5. Elena La Cava, “Casa Balla”, in Casa Balla e il futurismo a Roma, Roma: Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato, 1989, p. 24.
  • 6. Enrico Santamaria, “Conversando con Giacomo Balla”, Griffa, vol. 10 (1920).
  • 7. Leonardo Benevolo, Storia dell’architettura moderna, Bari: Laterza, 1960.
  • 8. Citato da Jolanda Nigro Covre, Astrattismo: temi e forme dell’astrazione nelle avanguardie europee, Milano: Motta, 2002, p. 224.

Sergio Bianconcini architetto, laureato nel 1969 a Roma Università La Sapienza con relatore Prof. arch. Bruno Zevi. Ha svolto attività nel campo della progettazione dell’edilizia residenziale , del design , del recupero chiese medioevali e di una sinagoga del 1700. Ha partecipato a concorsi di progettazione internazionali,risultando primo ex-aequo per la moschea di Roma, secondo per il municipio di Legnago e selezionato nei dieci della prima fase per la biblioteca di Edimburgo. Ha collaborato con il prof arch. Paolo Portoghesi alla progettazione della città ideale DIKAIA.

העבר של העתיד: הפוטוריזם האיטלקי והשפעותיו, ינואר 2011